Misantropie

Dal testo “Il misantropo” di Molière come pretesto.

Uno spettacolo in trasformazione dal teatro alla televisione.

Negli spazi del Teatro di Sanbàpolis si vedranno e ascolteranno: Alessia Berti, Tiziano Chiogna, Silvia Furlan, Silvia Amelia Libardi, Elena Marino, Paolo Menghini, Alice Vicentini.

In diretta streaming gratuita domenica 13 dicembre dalle ore 19.30 al link che verrà comunicato circa 15 minuti prima dell’inizio su questa pagina.

Produzione: Teatrincorso, Scuola di teatro Spazio 14, Live Art, con il contributo del Comune di Trento, Provincia Autonoma di Trento, Regione Trentino Alto Adige.

Nell’ambito di “Trasfigurazioni 2020”, organizzato da C.U.C. (Circolo Universitario di Trento) con il contributo finanziario di Università degli Studi di Trento e Opera Universitaria di Trento.


REGISTA: “Propongo – e da oggi così mi regolerò io – di chiamare i residui di teatro, portati sugli schermi con streaming più o meno live, “tele-visione”, cioè visione a distanza. Essendo infatti il “teatro” originariamente theatron, cioè “visione”, ma visione dal vivo di una comunità, cioè in co-presenza spazio-temporale, la roba che va in streaming non può che ricadere sotto le categorie di: a) documentario; b) archivio per addetti ai lavori; c) televisione”.

Nasce così “Misantropie”, un progetto di spettacolo che in primo luogo rende spettacolo l’impossibilità stessa del teatro, la fine del teatro durante questa emergenza nazionale causata dal Covid-19.

Il testo di Molière, “Il misantropo”, offre il destro per riflettere e far riflettere su tutto ciò che rende incompatibile l’aspirazione a una integrità dell’individuo di fronte a una ormai convenzionale accondiscendenza della società per gli aspetti più falsi, mistificatori e corrotti della propria compagine.

Così, mentre si tenta di portare un testo teatrale alla superficie di un teatro che non è più teatro ma “evento in streaming”, si affonda nella contraddizione e insieme si esplorano nuove possibilità, o meglio, necessità: il video, la videocamera, l’inquadratura, la dislocazione del pubblico, la possibile non coincidenza temporale, la solitudine dell’attore privato di pubblico co-presente. In poche parole, le nuove possibilità, o meglio, i nuovi ostacoli di un teatro che si mette da parte per reinterpretarsi in tele-visione: visione a distanza.

Il testo di Molière tratta dell’incapacità di sopportare ciò che non è autentico, sincero, onesto. Non si tratta tanto dell’idiosincrasia di un personaggio eccessivo nel suo odio per la falsità, ma della crisi del patto fiduciario che regge la società e che potrebbe preludere a un moto rivoluzionario. L’individuo può sopportare la società fintanto che può nutrire fiducia nelle affermazioni della società stessa. Quando questa fiducia viene meno, perché troppo ripetutamente tradita, all’individuo non rimane che ribellarsi o isolarsi.

ALCESTE: …È un’avversione generale, e gli uomini li odio tutti. Gli uni perché sono malvagi e vivono in modo malvagio, gli altri perché ai malvagi si mostrano compiacenti, invece di nutrire per loro quell’odio vigoroso che il vizio deve suscitare in un animo virtuoso. Ed ecco il colmo di questa compiacenza, di questa corruzione dell’animo…

Se la corruzione e la falsità dilagano, il patto di fiducia, per chi lo prende alla lettera, inevitabilmente si rompe. Il “misantropo” è in guerra contro quanti giocano a un gioco in cui tutti dovrebbero accettare la falsità. E contro quanti accettano di giocare a questo gioco per profonda sfiducia verso l’umanità stessa, verso le sue possibilità di essere “umana” e giusta.

FILINTE: Per me queste ingiustizie, di cui tanto vi indignate, sono vizi legati alla natura umana; e il vedere un uomo disonesto, ingiusto, egoista, non turba il mio animo più che il vedere degli avvoltoi affamati di carogne, o delle scimmie che si divertono a compiere inutili crudeltà, o dei lupi furiosi che sbranino un cervo.

La macchina dello spettacolo “Misantropie”, impossibilitata a realizzarsi come vero e proprio “teatro”, si attiva per i partecipanti come un talk show sul filo di quello che per l’individuo è possibile accettare oppure no, rispetto a convenzioni sociali e modalità generalizzate di comportamento, rispetto a situazioni e interpretazioni che vanno per la maggiore, rispetto a manifestazioni d’insofferenza o di vero e proprio odio, rispetto al sentimento verso presente, umanità, società e il futuro che ci attende. Con tutti gli imprevisti e le improvvisazioni del caso.

Ci possono essere tante forme di misantropia, tante quante gli individui che le articolano. Possono essere espresse in modo negativo come insofferenza e malevolenza verso l’altro, magari attraverso urla scagliate da un balcone per chi corre in strada o come disprezzo del livello culturale altrui. Ma la misantropia originaria del testo di Molière è altro. Parla dell’essere umano deluso dalla troppo facile accettazione di difetti di comportamento sociale, che si tramutano in ingiustizia, tradimento, crudeltà. Fa riflettere sul fatto che l’autoassoluzione degli ingiusti difficilmente porta a una società giusta. Conduce alla conclusione che il peggiore difetto del personaggio di Alceste è quello di voler dire ciò che pensa, oltre al fatto di non volersi adeguare alla menzogna imperante.

(“Quanto più una società si allontana dalla verità, tanto più odierà quelli che la dicono”. George Orwell)